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Un bicchiere di vetro pieno di latte

Intolleranza al lattosio

L’intolleranza al lattosio è una condizione che interessa il 50% circa degli italiani, consiste nell’incapacità dell’organismo di digerire completamente lo zucchero presente nel latte e nei suoi derivati ed è causata da una presenza insufficiente dell’enzima lattasi. Non si tratta di un disturbo pericoloso, ma è associato a sintomi fastidiosi, come dolori addominali, gonfiore, meteorismo, diarrea e stitichezza, che possono essere evitati solo limitando il lattosio introdotto con l’alimentazione. Il lattosio è uno zucchero (carboidrato) costituito da due monosaccaridi (glucosio e galattosio) presente in concentrazioni variabili in tutti gli alimenti che fanno parte dell’insieme “latte e derivati” (latte, yogurt, formaggi freschi ecc…) ma viene anche aggiunto durante la preparazione di molti alimenti, sia come tale (fresco, conservato o diversamente lavorato), sia come additivo alimentare: per questo motivo, lo ritroviamo non solo nei latticini, ma anche in altri prodotti alimentari come i salumi. Le forme riconosciute nelle quali si differenzia l’intolleranza al lattosio sono tre: intolleranza al lattosio genetica primaria, intolleranza al lattosio transitoria e intolleranza al lattosio congenita.

  • L’intolleranza al lattosio congenita si basa sulla mutazione del gene della lattasi che non permette la formazione della proteina stessa creando un deficit di questo enzima.
  • L’intolleranza al lattosio transitoria è causata dalla riduzione della lattasi dopo una malattia, un intervento o un trauma intestinale. Si tratta di un problema temporaneo ed una “disintossicazione” dal lattosio può comportare infatti il ritorno alla normalità.
  • L’intolleranza al lattosio genetica primaria è essere una normale conseguenza della crescita, poiché durante l’infanzia i livelli di lattasi diminuiscono naturalmente. Anche in questo caso è una condizione determinata dal DNA dell’individuo: a causa di una mutazione, nel codice genetico del paziente è poco presente la parte che consente di produrre grandi quantità di enzima lattasi.

Qualunque sia la causa, in mancanza dell’enzima lattasi che lo scompone, il lattosio arriva nell’intestino non digerito e quando giunge a livello del colon viene attaccato dalla flora batterica che lo porta a fermentazione, producendo gas e scorie (ovvero idrogeno e metano) che causano i successivi disturbi intestinali e gastrointestinali. Talvolta, ma in casi meno frequenti, il malassorbimento del lattosio può provocare anche mal di testa, eruzioni cutanee, senso di stanchezza o spossatezza, irritabilità e calo della concentrazione. Ovviamente l’intensità e la qualità dei sintomi sono spesso legate alla dose di lattosio ingerito e alla reattività individuale di chi lo assume, per cui le conseguenze possono essere più o meno gravi ma senza mai portare a un rischio di vita, come può invece accadere con le allergie alimentari, o a danni irreversibili all’intestino, come accade ad esempio con la celiachia.

Cartoncino di un rotolo di carta igienica con un solo strappo attaccato che riporta la scritta "Don't panic"

L’intolleranza al lattosio spinge chi ne soffre a eliminare dall’alimentazione il latte e i latticini come i formaggi, ma questo può aumentare il rischio di sviluppare carenze nutrizionali anche importanti. L’eliminazione di latte e derivati dalla dieta quotidiana, infatti, rende complicato soddisfare i fabbisogni giornalieri di calcio e vitamina D e questo ostacola, a livello osseo, il raggiungimento di un adeguato livello di mineralizzazione nell’età giovanile, favorendo al contempo lo sviluppo di malattie come l’osteoporosi nel periodo che precede immediatamente o segue la menopausa e più in generale in epoca senile. Recentemente è stato inoltre dimostrato come la percezione da parte di un paziente di essere intollerante al lattosio si associ di frequente a ipertensione e diabete mellito di tipo 2 e come il mancato consumo abituale di latte e derivati si associ ad una maggiore incidenza di carcinoma del colon.
Per diagnosticare l’intolleranza al lattosio esistono due tipi di testi: il breath test (o test del respiro) ed il test genetico. Il test più diffuso e attendibile per la diagnosi di intolleranza al lattosio è il breath test un esame non invasivo che consiste nell’ analisi dell’aria espirata del soggetto prima e dopo l’assunzione di lattosio. Il test va a misurare le quantità dei gas idrogeno e metano presenti nell’espirato. Il test genetico, attraverso un semplice prelievo salivare, permette semplicemente di definire la predisposizione genetica all’intolleranza al lattosio. Questo tipo di test è consigliato nei bambini dai 3 anni in su che abbiano problemi di intolleranza al lattosio in famiglia.
In seguito a una diagnosi di intolleranza al lattosio, per evitare che le fastidiose conseguenze ad essa collegate persistano o nel peggiore dei casi arrivino a diventare croniche, la migliore terapia da seguire è un regime alimentare controllato che preveda l’eliminazione o, decisamente preferibile laddove possibile, la riduzione del lattosio dalla dieta, tenendo conto in questo caso di un valore di soglia massimo consentito pari a 12-15 g al giorno, al di sopra del quale comparirebbero i fastidiosi sintomi già descritti. L’intolleranza al lattosio si tratta eliminando dalla dieta tutti le fonti di lattosio, in alcuni casi solo temporaneamente: questo non significa che si debba rinunciare a tutti i derivati del latte. I formaggi stagionati (come grana, parmigiano, provolone e pecorino), infatti, generalmente non danno problemi, a meno che l’intolleranza non sia particolarmente grave, poiché il processo di stagionatura dei formaggi riduce notevolmente la presenza di lattosio. Bisogna invece evitare il latte vaccino, di capra e altri animali, i formaggi freschi (come mozzarella, certosa e formaggi a pasta molle) e tutti i prodotti a base di latte (gelati, burro, creme, pane, prodotti da forno, cioccolato al latte). In alternativa si possono consumare latti delattosati (ossia privi di lattosio) e prodotti caseari arricchiti da Lactobacillus acidophilus, un batterio che digerisce il lattosio, o a base di lattasi o lattosio predigerito.

Bibliografia
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